Con il modello dei paesi ex comunisti si conclude il ciclo Europa e Sport curato dal Prof. Nicola Rinaldo Porro composto, oltre che dall’intervista publicata il 30 gennaio scorso, dal Modello Nordeuropeo, dal Modello Centroeuropeo, dal Modello Anglosassone e dal Modello mediterraneo . Si precisa che quest’ultimo modello approfondisce esclusivamente i paesi cosiddetti ex socialisti che dopo la caduta del muro di Berlino hanno iniziato a gravitare nell’orbita dell’Unione Europea.

di Nicola Rinaldo PORRO

Una configurazione del tutto particolare è quella dei sistemi sportivi dell’Europa post-socialista

Una configurazione del tutto particolare, e fortemente eterogenea, è quella che riguarda i sistemi sportivi dell’Europa post-socialista e il loro rapporto con i rispettivi regimi di welfare. La formula va declinata al plurale perché, nel quadro di un’eredità riconducibile al modello dello Stato assistenziale spazzato via dalle trasformazioni politico-istituzionali degli anni Novanta, sono presenti peculiarità e differenze anche molto significative.

Esse riproducono, sia politicamente che sportivamente, tradizioni e storie differenziate

spesso genericamente omologate nella categoria di socialismo di Stato ignorandone le pre-esistenze e le specificità puntualmente riemerse con il tracollo dei regimi est-europei.

Accade così che, per paradosso, i Paesi postsocialisti associno prestazioni pubbliche modeste a un Welfare di mercato poco sviluppato, con effetti critici sul sistema delle disuguaglianze

Le stime dell’Eurobarometro 2017 e quelle ricavate dagli indici HDI ci consentono tuttavia di fornire un quadro di massima che conferma un panorama molto variegato. La Slovenia presenta un tasso di attività quasi scandinavo (76%). Repubblica Ceca, Slovacchia ed Estonia segnalano valori affini a quelli centro-europei. Polonia, Ungheria, Croazia e le Repubbliche baltiche di Lituania e Lettonia possono essere comparate all’Europa meridionale.

Bulgaria e Romania contendono a Paesi come Italia e il Portogallo il non invidiabile primato dei cittadini meno attivi

Va peraltro ricordato come l’uniformazione per decenni al paradigma socio-istituzionale del socialismo reale non abbia modificato significativamente le gerarchie di reddito fra i Paesi considerati.

Paesi influenzati dall’esperienza nordica, come l’Estonia, o dai modelli centro-europei, come la Repubblica ceca, la Slovacchia e la Slovenia presentano politiche sociali più generose ed efficaci e valori di pratica diffusa molto più alti rispetto ai Paesi dell’area balcanica in termini di pratica sportiva diffusa.

Alcuni di questi Paesi posseggono inoltre tradizioni illustri sia nello sport di alta prestazione sia nelle attività fisiche comunitarie (il Sokol boemo) che risalgono addirittura alla fine del XIX secolo

Esiste tuttavia un’evidente e diretta relazione tra livello di reddito pro capite e indice di sviluppo umano da un lato e, dall’altro, la diffusione dello sport di base.

Questa constatazione è tutt’altro che banale perché segnala come proprio in Paesi a lungo sottoposti a regimi ispirati a principi egalitaristici e collettivistici si rende più visibile l’effetto di autonome politiche sociali in favore dello sport

La debole azione delle istituzioni pubbliche, la carenza di enti specializzati e la complessiva fragilità del sistema di welfare condannano i contesti nazionali meno fortunati a un accesso alla pratica più difficile che nella maggior parte dei Paesi delle altre aree dell’Unione.

Nicola Porro, 70 anni, di Civitavecchia, sociologo e docente universitario, già Presidente dell’Uisp dal 1998 al 2005 e autore di numerosi testi di Sociologia dello Sport

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