di Giacomo Mazzocchi

Grazie alle ‘Provinciali alla riscossa’, un campionato incertissimo, appassionante, tutto da vedere.

Tempi duri per gli speculatori internazionali alberganti in Italia non certo per filantropia: gli abitanti del Bel Paese, fin dai primordi della civiltà umana, hanno sviluppato gli anticorpi per venire a capo degli invasori attirati dalle opportunità uniche qui offerte. Quali? In primo luogo, passione ed estro che, generati dalla bellezza, sono alla base della creatività artistica che, a sua volta, produce nuova bellezza. Il Bel Paese è il luogo deputato alla creazione del bello e lo sport è l’espressione fisica della bellezza. Il calcio è, e rimane, sport a dispetto di ogni sua manifestazione professionistica.

I Campioni, quelli che si distinguono a prescindere da chi siano e quanto guadagnino – sono espressione di estro e passione: ovvero le molle primarie della espressione artistica e questo assunto trova immediata esemplificazione gli episodi recentissimi di cui è stato protagonista il Verona: gli applausi reciproci con i giocatori di Lazio (0-0 all’Olimpico mercoledì scorso) e la vittoria netta in rimonta di ieri sera al Bentegodi contro la Juventus (2-1). Grane soddisfazione per aver offerto prestazioni di altissima qualità.

Sempre l’Olimpico è stato testimone ieri l’altro di un evento calcistico che di artistico ha avuto soltanto la rappresentazione offerta dal Bologna. La squadra emiliana, nello spazio di 8 giornate, ha conquistato ben 17 punti, portandosi al sesto posto in classifica dietro alla Roma (che non ne azzecca più una). Il tutto mettendo in mostra un gran bel calcio, realizzato da un regista miracolato nella salute, Mihailovic. La squadra da lui pilotata, si è agganciata, in qualche maniera, a quel manipolo di provinciali (Cagliari, Parma e Verona) che contendono a Milan e Napoli l’accesso all’Europa League.

Sono queste squadre le vere protagoniste di questa edizione del Campionato di A, per la serie ‘da casa la vittoria non se la porta nessuno’. La risposta italiana delle provinciali squattrinate alle ricche Grandi squadre metropolitane. Anche il Bologna, come Milan, Inter, Roma è figlia di un investimento. Ma si tratta di sfida dai connotati poco capitalistici, casarecci essendo l’italo-canadese Joey Saputo il Re delle mozzarelle nel Nord America, e pure, per meriti siculi, cittadino onorario di Montelepre in provincia di Palermo. Un tipico esempio di ingegnosa intraprendenza italica, un emigrante di ritorno.

E la Juve, dove collocarla? La Juventus è una potente quanto antica multinazionale legata al calcio da sacri legami anche speculativi. È un caso a parte. La gestione della squadra, comunque, ha poco di artistico e si muove con logiche di alta imprenditoria: assicurarsi la supremazia attraverso i mezzi economici, monopolizzando il meglio sul mercato (giocatori e tecnici) per assicurarsi il successo. Almeno in Italia. Mi prendo quello che costa di più e vado sul sicuro. Seguo, insomma le leggi del mercato. Una logica che non fa una piega sui grandi numeri ma che uccide il mercato e avvilisce il prodotto finale.

Sui piccoli numeri, grazie al cielo, accadono le eccezioni, perché il calcio, lo sport, è arte creativa. Questo elemento ha fatto sì che la Scuola del Calcio Totale sviluppatasi sull’asse Olanda-Spagna abbia prodotto un calcio innovativo. Qui, tecnica e tattica classiche sono superate dall’introduzione di un palleggio breve e più frenetico accompagnato da una visione aggressiva e collettiva (quasi rugbistica) nell’approcciare l’avversario che ha il possesso del pallone. Questo modello (alla Guardiola) ha impiegato molto tempo a convincere l’Italia, legata al modulo conservativo della Juventus di Allegri.

Poi, finalmente, è stato capito come sia l’unico modo per affrontare avversari più forti sul piano individuale. Sono emersi così molti tecnici, mentre le Multinazionali continuavano a seguire la teoria ‘se costa di più è il migliore’ ma affidandosi, però, a tecnici superati. Si è per primo affermato Giampiero Gasperini con l’Atalanta

quindi sono emersi Maran a Cagliari

De Zerbi a Parma

e l’italiano’ Juric a Verona

Fra questi tecnici era presente Maurizio Sarri nel suo primo Empoli, ma poi la gestione di squadre dotate di campioni difficili da gestire – e da modificare nelle loro abitudini tattiche e tecniche – gli ha creato problemi, prima in Inghilterra e quindi anche a Torino. Quanto a Conte nell’Inter, il problema è culturale: difficile cambiare la propria visione di gioco e di allenamento.

E la Roma?

Fonseca ha molte qualità e indubbiamente stava facendo un buon lavoro, ma le circostanze gli sono state, e gli sono, fortemente contro. Nel bel mezzo della sua rivoluzione gli sono venuti a mancare, per infortunio o squalifica, due elementi indispensabili per l’offensiva (Zaniolo) e per la regia (Pellegrini). Quindi, il tecnico portoghese ha ritenuto importante rinunciare all’apporto di Florenzi favorendo la sua migrazione in Spagna. Si è trattato di un errore gravissimo: si è ripetuta, in qualche maniera, l’assurda e suicida caccia al romano come nel caso di Totti e De Rossi.

Fonseca e la Roma non hanno tenuto in considerazione, invece, quanto il calcio sia passione ed estro, fattori determinanti individuali e collettivi. La Roma – senza tutto ciò – in effetti è ben poca cosa. Un pessimo investimento per tutti anche quando rientrerà Pellegrini. Un ispiratore senza attacco – il povero Dzeko mal accompagnato dal ‘figlio di Kluivert’ e da ‘chi lo ha visto’ (il croato Kalinic) insieme a due evanescenti mediorientali (Mikhitaryan e Under). Per non parlare della difesa improvvisata e colabrodo.

In conclusione, grazie alle ‘Provinciali alla riscossa”, un campionato incertissimo, appassionante, tutto da vedere.

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