RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO

Sabato 27 maggio, ora di pranzo, squilla lo smartphone, e’ mio padre: “Sul Messaggero che mi hai portato c’e’ scritto che ieri Roberto Ferola ci ha lasciato”. “Ma cosa stai dicendo?”. Apro il PC, mi connetto al web e mi cade il mondo addosso.

Mister Zeman era stato l’oggetto delle nostre ultime telefonate: insistevo perche’ tu organizzassi una serata al ristorante con lui e i pochi amici che sono sulla stessa lunghezza d’onda. L’occasione era farci siglare il suo libro e poteva essere successo se lui (fortunatamente) non fosse andato di nuovo a Pescara. Anzi, ti avevo anche chiesto di consegnarli al piu’ presto una lettera che gli avevo scritto per farlo sentire a suo agio e ricordargli del nostro incontro, anzi due, ad Avellino nei primi anni duemila in occasione di un controllo ortopedico che tu avevi organizzato per noi con il mitico Dr. Acanfora.

Mi avevi presentato il Mister che mi aveva salutato con calore e si era anche ricordato che avevamo in mente di mettere su quel famoso centro di recupero funzionale che purtroppo non ha mai visto la luce ma che se ci fosse stato mi avevi promesso che all’inaugurazione avresti invitato pure “il Capitano”. Hai trascorso un tempo professionale lunghissimo con il Mister e la ragione e’ nel suo libro: avete condiviso gli stessi valori.

Un giorno mi hai confidato “Dopo 30 anni non ce la faccio piu’ a vivere con la valigia accanto alla porta” e avevi aggiunto: “Non mi riconosco piu’ in questo calcio”. Fino ad allora mi avevi deliziato con i tuoi aneddoti calcistici che tanto mi appassionavano: Gascoigne, Signori, Casiraghi e tanti altri campioni che avevi rimesso in piedi anche con qualche protocollo ereditato dal mitico Prof. Bruno Cacchi durante la comune militanza all’Isef.

Caro Roberto, non sai quanto mi sento in colpa per non essermi ricordato che il 24 maggio era il tuo compleanno. Me lo ha ricordato la signora del Bar accanto al tuo ristorante che ha visto che ti accasciavi sul marciapiede e diventare pallido. “Non lasciatemi solo” dicevi mentre la vita ti abbandonava. Ti ho ritrovato, in quella frase ricordando il tuo calore quando ci abbracciavamo rivedendoci magari dopo un anno o due o prima delle partenze come al Caffe’ Tevere sotto al Gasometro prima che andassi mi pare in Svizzera.

Stavi sempre in giro, quasi sempre con il Mister, ma non volevi essere solo. Se penso allo scherzo che io e Sergio avevamo architettato prenotando al tuo ristorante “Luci in cucina” con la voce di un fantomatico e antipatico primario pneumologo del Pertini (interpretato dal nostro Riccardo) e poi presentandoci con le famiglie.. Una bomba: ci eri cascato con tutte le scarpe, quanto abbiamo riso..

Come dimenticare il tuo entusiasmo nel presentare alle mie figlie la tua Tesla davanti al ristorante mettendo su praticamente una discoteca con tanto di finestrini a tempo di musica e fari che erano diventati luci stroboscopiche. E che dire della cena di tanto tempo fa a casa tua a Monteverde, quando le nostre erano altre vite (anche nella lontananza mi avevi sempre parlato con enorme serenita’ e affetto di quei tuoi tempi) ma anche di quella che avevo organizzato a casa mia facendo scendere Claudio l’architetto da Caprarola per farti una sorpresa. E ancora, le pizzate sempre a Monteverde prima del ‘diluvio’ quando la pizza “era bbona” oppure “nun era bbona” e i biglietti di Cagliari-Lazio di tanti anni fa che mi offristi durante una mia permanenza sarda. Fino ai messaggi delle scorse settimane nei quali scherzavamo sui gradoni che stavo affrontando durante le mie passeggiate alle Cinque terre e che mi ricordavano gli allenamenti del ‘boemo’.

Ciao Roberto, mi sono sentito di scriverti questo e spero ti abbia fatto piacere. Da lassu’.

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