di Giacomo Mazzocchi

Rino Gattuso non è un autodidatta sbarcato per caso sulla panchina di allenatore perché capace di trasmettere ai giocatori solo quella grinta con cui sul campo ha costruito i propri successi. Una sorta di Mazzarri, per capirsi, od anche Conte per rimanere al confronto di ieri sera a San Siro. Anche il tecnico calabrese è buon motivatore. Ma i suddetti due hanno impostato una carriera sulla propria comprovata capacità di ottenere dai giocatori, da loro gestiti, il massimo rendimento: il cento per cento in termini di intensità e obbedienza tattica.

Quanto alla tecnica, questa è quella che si trova sul posto, valutata per quello che è effettivamente e quindi arricchita da acquisti garantiti dal prezzo. In campo ci vanno poi sicuramente i migliori e i risultati arrivano (forse), ma fino ad un certo punto. Appare quindi necessario integrare il discorso con sviluppi tecnico-tattici più sofisticati ed affrontare la rivoluzione calcistica in atto in questi ultimi tempi, rivoluzione testimoniata platealmente da ciò che sta succedendo nel campionato italiano (e non solo). Formazioni provinciali di ‘poco prezzo’ mettono in crisi i club dotati di calciatori ed allenatori iperpagati.

Si parla di Atalanta, Verona Parma, Bologna e la stessa Lazio del parsimonioso Lotito e del geniale ‘esperto’ Tare. Che Gattuso sia tutt’altro che un autodidatta sprovveduto si è capito chiaramente nel match che il Napoli ha vinto contro l’Inter priva dei suoi due fuoriclasse Koulibalì ed Insigne. Ed anche Milic.

Non potevano essere mosse casuali, doveva essere un piano tattico meditato e studiato e preparato, soprattutto, dal lavoro iniziato nel momento in cui ha assunto l’eredità del suo maestro Ancelotti. Poco tempo per riorganizzare una sistemazione tecnico tattica. Conte si è trovato davanti una squadra, il Napoli, senza alcun punto di riferimento. Corta e che si muoveva a fisarmonica senza lasciare varchi in cui gli avversari potessero incunearsi e far valere la propria superiore cifra tecnica. Un’autentica gabbia, in cui i vari Lukaku, Lautaro e compagnia si sono incagliati.

Il messaggio proposto da Gattuso è apparso via via evidente: pressing asfissiante sull’avversario e gestione del pallone in palleggio corto in qualsiasi parte del campo (iniziando dalla rimessa del portiere). Certo, il rischio di perdere il pallone in questa fase era altissimo (appoggio sbagliato, intervento in pressing di un avversario). Ma così non è stato, perché Gattuso sulla faccenda ci aveva lavorato su ed i giocatori erano in grado di farlo e il risultato è stato che il possesso del pallone è stato favorevole al Napoli.

Per interrompere il possesso napoletano, l’Inter si è allungata lasciando ampi spazi al Napoli per infilare il contropiede e liberare uomini per andare a rete, cercando varchi per trovare un momento favorevole che non è mai arrivato. Nonostante alcuni commentatori, il possesso di palla dell’Inter è stato sempre sterile mentre quello del Napoli ha prodotto la rete della vittoria di Fabian ed una situazione di rigore (manina in area neroazzurra ‘perdonata’). Una partita davvero esemplare, quella imposta da Gattuso, che testimonia la sua matura sagacia e competenza tecnica sul campo di allenamento.

Non è un caso, perché Ringhio non è un autodidatta. È nato a ‘pane e calcio’ essendo figlio di Marco, calciatore di Serie D, che lo avviò a Perugia dove a 17 anni esordì in Serie B. Si è costruito come centrocampista mondiale studiando se stesso e sfruttando alla perfezione le proprie qualità tecnico atletiche. Per concretizzare il tutto, si è laureato con il massimo dei voti a Coverciano. Renzo Ulivieri, patron dell’AIA (Associazione Italiani Allenatori) lo cita ad esempio come allievo e lo ricorda come uno ‘assetato di sapere’. A volte viene proprio da dire ‘l’abito non fa il monaco’.

Chi lo avrebbe mai detto che dietro un tipo come ringhio si celasse uno studioso, un ricercatore attento e in grado di rendere possibili gli impossibili del calcio? Uno studioso, però, dotato degli strumenti tecnici per tradurre in pratica le nozioni acquisite. Le riprese di gioco del portiere del Napoli, con la disposizione strategica dei compagni a rendere possibile il fraseggio corto che manda in barca gli avversari, non è un a questione che si realizza alla lavagna. In primo luogo, il curioso Gattuso ha studiato la nuova regola che consente al portiere di rimettere il pallone anche ad altri compagni entro l’area di rigore.

Ci vuole padronanza assoluta e pratica della materia: provare e riprovare, convincere la testa dei giocatori della necessità di mettere in pratica i dettami dando loro fiducia e scaricandoli dalla responsabilità di eventuali sbagli. Ma ci vuole anche tanto coraggio e tanta grinta. Uno che deve aver capito Gattuso, zitto zitto, deve essere sicuramente Aurelio De Laurentis, il quale, da produttore cinematografico, di talenti se ne intende. Dunque. lo ha chiamato a gestire la voragine lasciata da Carlo Ancelotti. Il Napoli di Gattuso si sta muovendo a corrente alternata: male in campionato, bene nelle Coppe (Champions, 25 febbraio Liverpool e Coppa Italia). Potrebbe non essere un caso.

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