di Giacomo Mazzocchi

Per Inter e Juventus sono arrivati i primi passi falsi. Per il Napoli, invece, continua la crisi: la formazione di Ancelotti passa ormai nel dimenticatoio in attesa che De Laurentiis giubili il tecnico. L’attenzione è tutta sulle capolista, finora considerate di un’altra categoria solo per avere fatto incetta di grandi campioni e grandi tecnici.

Ma non si è tenuto abbastanza in considerazione il fatto che i copiosi successi della coppia siano stati striminziti, fortunosi e, soprattutto, non accompagnati da una qualità di gioco all’altezza del talento dei giocatori a disposizione. Anzi, per assistere ad un calcio qualitativamente elevato ed all’altezza dei tempi bisogna andare a Bergamo, Cagliari e Verona, con Lazio e Roma decisamente in crescita.

Per bianconeri e nerazzurri, insomma, troppi successi per il rotto della cuffia. Statisticamente, prima o poi la pallina della roulette calcistica finisce per cambiare colore. Ed è proprio quello che sta accadendo: il calcio italiano comincia a mostrare la reale consistenza delle due squadre. Inter e Juventus hanno in comune un paio di fattori importanti, rose imponenti disegnate assieme ai rispettivi nuovi tecnici.

Vale la pena ricordare, però, che Conte ha dato l’Ok alla partenza di Nainggolan, un fenomeno che sta guidando il Cagliari verso la Champions. Ovvio che per entrambe le squadre vada considerato un periodo di avviamento ed adattamento; specie quando agli allenatori venga richiesto di cambiare, modernizzare il, tipo di gioco praticato dai predecessori Allegri e Spalletti.

Questo processo di transizione – alla luce della necessità di apportare ogni novità a macchina in corsa – sta avvenendo stranamente meglio a Milano con Conte che a Torino con Sarri che pure è uno dei migliori esponenti della nouvelle vague calcistica oramai ovunque imperante.

Il primo passaggio per Juventus ed Inter doveva essere l’adozione del ‘pressing’ a tutto campo cui nessuna delle due erano preparate. Senza il pressing, una squadra non può dominare. Barcellona insegna. Per effettuare un pressing adeguato occorre una preparazione sia mentale che fisica e un’intensità cui il giocatore in Italia non è abituato. Il dispendio psico fisico per muoversi collettivamente in maniera coordinata è tale che senza adeguata preparazione, puoi andare in tilt.

È accaduto così che mentre Conte – che ha sempre richiesto ai giocatori la massima intensità a prescindere dai moduli tattici – è riuscito in tempi brevi ad ottenere dai suoi un decente pressing – (rinviando le disposizioni tecniche come il palleggio ad un secondo momento), Sarri a Torino abbia sottovalutato il problema pressing dal punto di vista atletico, concentrandosi di più sulle esigenze tattiche e tecniche. Sono così nate le difese con due soli difensori puri (Bonucci e De Ligt) mentre Cuadrado è diventato terzino, Bernardeschi trequartista arretrato e l’alternanza Ronaldo-Higuain-Dybala mortificante più che esaltante.

La Juventus, comunque, vinceva ed era imbattuta nell’intera Europa, anche se non esaltava. Il pressing sarebbe arrivato a completare l’impresa. Invece, non è stato così. All’Olimpico contro la Lazio, finalmente, si è vista la Juventus tanto attesa. Per mezzora ha dominato la scena mettendo in estrema difficoltà, con il suo pressing e palleggio e le sue successive e verticalizzazioni, la miglior Lazio ben messa in campo da Inzaghi.

Il ritorno al gol (ed al sorriso) di Cristiano Ronaldo è stato un capolavoro tattico tecnico con interventi di prima intenzione di Bentacour, Dybala e conclusione di CR7. Poi, però, la Juventus ha finito la benzina: una cosa è la teoria, una cosa la pratica. Il professore Sarri, forse, sul suo quaderno non lo aveva sottolineato: il pressing brucia energie a dismisura. Il carburante era finito, e la Juventus è rimasta alla mercé della Lazio.

Bonucci e De Ligt sono rimasti inchiodati a terra ad osservare Luis Felipe che per la prima volta siglava una rete (di testa..): Milinkovic Savic bruciava l’intera difesa  con una incursione spietata sull’ennesimo assist di Luis Alberto. Perfino il modestissimo Caicedo si prendeva il lusso di umiliare la Signora mentre Immobile la graziava facendosi parare il rigore dal miglior juventino: il portiere Szczesny. Insomma, una significativa debacle sulla quale riflettere, la Juventus distrutta dal suo stesso Pressing. Sembra un paradosso.

Rimediabile sicuramente. Il parco juventino è tale da poter fronteggiare, se ci fossero idee ed umiltà, qualsiasi situazione. Per riprendere il cammino e non perdere ulteriore quota bisognerebbe, a nostro avviso, tornare – temporaneamente – all’antico: al gioco-Allegri: speculativo ma vincente, così come Sarri aveva fatto fino alle sostituzioni immotivate di Ronaldo in Russia e poi in campionato, che hanno distrutto il campione portoghese rilanciando Dybala. E impostare fisicamente il pressing con più gradualità.

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