Malagò è stato rieletto per la terza volta, e per altri quattro anni, Presidente del Coni e si ritrova ancora davanti chi, tre anni or sono, ne aveva iniziato la lenta e costante opera di demolizione: Giancarlo Giorgetti. Il leghista, anche lontano dai riflettori dello Sport, dimostra ogni giorno di più di ritenere che quel mondo è ormai cosa sua. Proseguirà la guerra totale.

Con la terza elezione, Giovanni Malagò lascia senza dubbio un segno indelebile nella storia dello sport italiano. Sarebbe però necessario introdurre una differenziazione tra Sport olimpico (collocazione naturale presso il Coni) e Sport di base o Attività motoria, settore nel quale il Coni, da sempre, è presente. Questa però è un’altra storia.

Per capire se questo segno sia o no positivo dovremo probabilmente aspettare qualche anno ma di sicuro il reuccio dei Parioli ha dimostrato un notevole carattere anche nel ruolo manageriale di assoluto rilievo istituzionale che, nel 2013, ha tenacemente cercato e ottenuto con manovre degne di un novello Richelieu.

Sport e Salute Spa

Il suo cammino quasi trionfale si interrompeva nel corso del secondo mandato, nel 2018, quando arrivava il ‘ciclone’ Giorgetti il quale stabiliva che il CONI si doveva occupare solo di Sport olimpico. Per lo Sport di base creava Sport e Salute, una Spa di diretta emanazione governativa. Da quel momento iniziava una guerra poco sotterranea, con Malagò impegnato a difendere l’”autonomia” dello sport dalle ingerenze vere o presunte della politica.

Malagò, con il non disinteressato sostegno del CIO (Comitato Olimpico Internazionale), è riuscito a gennaio di quest’anno a costringere il governo all’emanazione di un decreto legge (convertito dalle Camera senza alcun emendamento!) per riaffermare l’autonomia dello Sport (pena la non partecipazione dell’Italia alle Olimpiadi). Autonomia che però, alla fine, si è ridotta in un aumento del finanziamento e del personale in pianta organica (!).

L’elezione di Malagò significa anche il tonfo di Paolo Barelli, storico acerrimo avversario dell’ex Presidente dell’Aniene. Più che una sconfitta una disfatta: Di Rocco (ex Presidente Federazione Ciclismo), candidato suo e del presidente della Federazione Tennis Binaghi, ha infatti ottenuto solo 13 voti contro i 55 di Malagò.

Ma c’è un’altra vittoria che rende Malagò più forte: l’ingresso nella Giunta Esecutiva di Gabriele Gravina, Presidente della FIGC, federazione da sempre tanto forte (potere dei denari) da potersi disinteressare delle vicende del CONI. Insomma, il Calcio, che per decenni ha sostenuto con i proventi del totocalcio tutto lo Sport italiano, adesso sembra mettersi a disposizione del CONI.

Infine, è chiaro che la famosa battaglia di Malagò sui “grandi atleti, grandi dirigenti” si è schiantata sulla nomina giorgettiana a Sottosegretario allo Sport di Valentina Vezzali che, proprio perché grande atleta olimpica, difficilmente poteva essere considerata dai più ”nemica” del CONI.

Invece, nella sua audizione su linee programmatiche Governo e Sport dello scorso 5 maggio la Vezzali, ultima chicca in ordine di tempo, non ha esitato ad affermare che saranno istituite le sezioni territoriali di Sport e Salute (che ricordiamo essere una spa pubblica) per occuparsi dello Sport di base e che i Comitati territoriali del CONI (attivi nella promozione dello sport e nei rapporti con gli enti locali spesso troppo pigri) si dovranno occupare solo dell’olimpismo: questo si chiama ‘utilizzo di armi non convenzionali’. Chi vivrà vedrà.

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