di Giacomo Mazzocchi

Pur  appartenendo alla medesima area della Capitale del Regno Unito, il Circuito di Silverstone e Wimbledon  sono sufficientemente distanti da impedire di assistere contemporaneamente alle gare che vi si svolgono tanto che sia il Gran Premio di Gran Bretagna di Formula Uno che la finale maschile del Torneo di tennis più antico ed importante della storia della racchetta sono  in programma (!?!) in contemporanea, alle ore 15.

Non volendo fare torto a nessuno – ed in particolare a sé stessi – taluno ha optato per le dirette Tv dei due eventi. Mai scelta fu più giusta: per oltre cinque ore la domenica è trascorsa godendosi (con l’accorto utilizzo del  telecomando)  due spettacoli sportivi cui è dato raramente assistere.

A Silverstone si sono confermate tante indicazioni: Lewis Hamilton è un fenomeno  destinato (fra 11 vittorie) a cancellare il mito insuperabile di Michael Schumacher. L’inglese è un pilota che conosce il suo bolide  meglio dei tecnici che gli volevano far fare un secondo pit stop; è un tipo che, all’ultimo giro e una volta certo che le sue gomme gli avrebbero consentito di arrivare al traguardo in prima posizione, si scatena ed ottiene il giro più veloce strappandolo al compagno di scuderia Bottas.

Si dimostra ancora che,  con o senza Lauda, l’organizzazione Mercedes è superiore  in ogni frangente a quella della Ferrari – dalle scelte strategiche alla velocità dei pit stop.

Ed è confermato che la Fiat-Ferrari si deve dare assolutamente una mossa se vuole che le sue rosse vetture siano migliori e vincenti non solo a Maranello ma anche nel circo della Formula 1. Anche perché a livello piloti la Ferrari oggi dispone di un ventenne che parla italiano, il monegasco Charles Leclerc, che sale regolarmente sul podio nonostante i limiti che lo circondano.

Insomma,  a breve può andare bene che la Ferrari sia seconda al mondo dopo la Mercedes, ma non che  questa posizione possa essere insidiata dalla Red Bull di Verstappen e Gasly.

Si tratta di riflessioni a bocce ferme perché il pomeriggio sportivo domenicale non ha lasciato un attimo di vuoto anche per le imprese dal di due immensi campioni di tennis. E se qualcuno aveva ancora qualche dubbio sul valore assoluto del tennis dal punto vista tenico-fisico- mentale del tennis, la finale di Wimbledon li ha cancellati tutti.

Il tennis agonistico non è un giochino per signorini, abili con una racchetta in mano, che si disputano la supremazia nel club fra una tazza di the ed uno spritz. E’ un super sport giocato da autentici grandi talenti in grado di vincere medaglie olimpiche in qualsiasi disciplina: nel nuoto, come nella maratona, nella boxe come nel ciclismo

Guadagnano cifre impressionanti, ma rimangono sempre  sportivi autentici che sul campo riescono a tirare fuori il meglio di sé non per i vantaggi economici che ne conseguono, ma soltanto per orgoglio sportivo autentico, perché vogliono essere primi. La Finale di Wimbledon è stata la più lunga della storia: cinque ore meno tre minuti: il numero uno e il numero due al mondo  hanno sciorinato  tutte le loro capacità tecniche e strategiche.

Ognuno dei due con una caratteristica precipua  molto favorevole: lo svizzero con una battuta micidiale sulla quale il serbo era costretto spesso ad arrendersi, Djokovic  con un rovescio a due mani grazie al quale imporre angoli imprendibili all’avversario. Di qui il massimo equilibrio del match. Con l’eccezione del secondo set che Djokovic ha stabilito di lasciare vincere allo svizzero limitando al massimo il proprio impegno.

Un disegno strategico preciso: l’equlibrio sostanziale poteva volgere a favore del serbo portando la partita per le lunghe: Federer era reduce infatti dalla semifinale contro Nadal durata oltre cinque ore e lo svizzero avrebbe potuto non farcela a trovare energie per una nuova maratona.

Ma si sbagliava

Federer, a 37 anni suonati , moglie e quattro figli in tribuna , con il passare dei minuti, anzi delle ore, andava addirittura a migliorare la propria  prestazione tecnica e fisica. Ha cominciato ad attaccare e non solo a difendersi dalle bordate del serbo, confidando sull’efficacia del servizio. Ha tirato fuori dal suo repertorio palle corte, slice, e bordate di dritto.

Il capolavoro di Djokovic è stato quello di non perdere la concentrazione – davanti  ad un avversario incredibile –  e gettare tutto sé stesso in un agonismo da marziano.

Insomma il match più bello di sempre , fra due campioni più bravi di sempre

Nel quinto set si è andati avanti un game per uno fino al 12-12 e si sarebbe potuto progredirei fino a notte fonda se la nuova regola non avesse imposto, a quel punto, nuovo tie break.

Lo ha vinto Djokovic, ma avrebbe potuto essere il contrario. D’altronde sull’8-7  Federer ha avuto, su proprio servizio, due palle per il match. Le ha sprecate tutte e due, ovvero Djokovic  ha avuto la capacità di annullarle.

E poi di aggiudicarsi il tie break decisivo di una partita che avrebbe dovuto concludersi in parità.

Che aggiungere ancora? Al termine di questa magnifica e storica giornata di sport è lecito affermare che il Re del tennis è Federer, ma Djokovic è migliore!

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