di Giacomo Mazzocchi
Il successo di tappa di Giulio Cicconi, la terza piazza di Fausto Masnada, la quarta di Vincenzo Nibali (che gli vale il secondo posto in classifica generale). Il cielo alpino tempestoso del Mottirolo si tinge di azzurro rasserenando gli agitati spiriti italiani. Proprio come 70 anni or sono quando le imprese al Tour de France del toscanaccio Gino Bartali riuscirono a riportare in equilibrio il nostro paese.
Nell’Italia del 1948, come ricordano i pensionati odierni che allora avevano 10 anni, la radio raccontava le epiche imprese di Gino Bartali che, in tre drammatiche tappe alpine, recuperava 20 minuti di ritardo dall’asso francese Luis Bobet per conquistare il Tour: era tutto quello che ci voleva per dimenticare la guerra ed il dopoguerra e pensare alla ricostruzione piuttosto che alla rissosità politica.
Questa facoltà ridimensionante non l’hanno tutte le discipline. E’ propria di sport che affondano le radici nell’estremo spirito di sacrificio che le contraddistingue. Difficilmente le imprese sportive in discipline ‘ricche’ sollevano partecipazione generalizzata. E’ l’elemento umano che fa la differenza, la storia che c’è dietro: i sacrifici e le rinunzie dei pugili, dei maratoneti, dei fondisti di nuoto, di atletica, di sci.
E la bicicletta – con i suoi omini chini sul manubrio per ore ed ore, giorni e giorni, centinaia di chilometri quotidiani, pioggia o neve che sia ed una borraccia d’acqua – era la testimonianza più immediata di quello che ‘piccoli uomini’ posso fare con il proprio impegno e sacrificio.
Soldi? Pochi, pochissimi, da dividersi con i gregari
Quel quadro epico a distanza di 70 anni è ancora lì, basta una giornata come quella di oggi. La scalata del Mottirolo, la montagna che rese eroe il povero Pantani, e il maltempo che ha obbligato a cancellare parte del percorso a causa della neve. E poi il freddo che ha intorpidito le gambe che giravano in fretta solo per riscaldarsi, la pioggia battente. L’immagine dell’abruzzese Cicconi che non riesce (ha le mani gelate) a far funzionare la zip per indossare la sottilissima mantellina accettando infine da una signora del numerosissimo pubblico un giornale da mettersi sul torace per tentare di coprirsi dal freddo lungo la tremenda e velocissima discesa verso il fondo valle.
Ecco, gli ingredienti di questo sport, per gli eredi della società contadina, sono rimasti gli stessi nel tempo. A ricordare chi siamo e le cose semplici che dobbiamo fare. Senza correre dietro alle chimere.