Giacomo Mazzocchi per SportPolitics.it

Per chiudere la stagione calcistica 2017-2018, la Serie A attende di sapere dai play-off di Serie B chi sarà la terza squadra (assieme ad Empoli ed il redivivo Parma) che sostituirà le retrocesse Crotone, Verona e Benevento.

Causa il deferimento del Bari per ragioni disciplinari, infatti, i play-off della B inizieranno con una settimana di ritardo, il 3 giugno, e dureranno due settimane (quattro turni) con finale prevista per il 16 giugno: che pensata! Costi aggiuntivi di tre settimane per staccare un solo biglietto fra Bari-Cittadella, Venezia-Perugia e Frosinone a riposo nel primo turno. Complimenti!

Tempo di bilanci e di attese, dunque, per il, calcio italiano condannato a vedersi in TV i prossimi Mondiali russi che – “sanzioni trumpiane” permettendo- inizieranno il 15 giugno per terminare il 15 luglio a Mosca

Al termine del girone di andata, il sito d’informazione Attualita.it si “divertì” a stilare una classifica della serie A meritocratica: risultati ottenuti in rapporto agli investimenti fatti ed ai traguardi prefissati – scudetto, Coppa Campioni, Europa League, salvezza.

Ovvio vincere grazie al ricorso ai top player, molto meno barcamenarsi ad alto livello se stai alla canna del gas con i soldi contati.

Alla fine del 2017 questa classifica meritocratica non coincideva con quella aritmetica ufficialmente riconosciuta. Soprattutto sembravano distinguersi le squadre e gli allenatori che praticavano il “gioco spagnolo alla Guardiola”, capeggiati Da Sarri/Napoli, Simone Inzaghi/Lazio, Gasperini/Atalanta. Le due classifiche combaciavano soltanto nel caso del Napoli al primo posto, con un punto di vantaggio sulla Juve.

La formazione di Allegri nella classifica per meriti figurava al sesto posto e anche Inter e Roma erano penalizzate. Il Milan, undicesimo nella graduatoria ufficiale, era addirittura fanalino di coda assieme a Crotone, Benevento e Verona.

Sugli scudi Atalanta, Sassuolo e Udinese, quest’ultima, grazie a Massimo Oddo; l’ex terzino di Lazio, Milan e della Nazionale, appena assunto ad Udine a novembre, in sette giornate aveva fatto più punti persino di Juve e Napoli raggiungendo la quota salvezza praticamente con 5 mesi di anticipo.

Ma il Campionato dura 38 settimane e non 19 e i conti si fanno solo alla fine.

Cioè di questi tempi, a bocce ferme. Eccoli.

JUVE CASALINGA

La Juventus vince il settimo scudetto consecutivo, un super record, nonché la Coppa Italia.

La Fiat, con gli abili investimenti della gestione Marotta, poteva disporre di due squadre da scudetto. Ma gli investimenti, oculati, dovevano servire non tanto per vincere (scontato) in una Italia calcisticamente disastrata fuori dai Mondiali, ma per assicurarsi la Coppa dei Campioni assente nella bacheca da 22 anni e così non è stato.

Anche in campionato ha dovuto sudare sette camicie e forse non sarebbero bastate se non avesse potuto valersi della perdurante e unica sudditanza psicologica caratterizzante la classe arbitrale italiana (il Napoli di De Laurentiis è ancora parvenu, Roma, Inter e Milan sono in mano cinesi ed americane, fuori dalle dinamiche del sistema).

La sudditanza psicologica arbitrale con l’avvento del Video Assistant Referee (Var) e del Vice Var, si è raddoppiata (anzi triplicata) per via delle implicazioni di carriera e di guadagni (lauti) collegate ad un buon rendimento arbitrale.

Il Var sacrosanto strumento di chiarezza e verità in tutti gli sport, nel calcio è stato strutturato in modo che sia sempre discrezione di un arbitro (anzi tre) se ricorrere alla sua consulenza o meno anziche, invece, farlo sempre.

Accade così che la Juve abbia costruito il suo scontatissimo scudetto nel mese di Gennaio quando la combinazione arbitro di campo-Var a Cagliari (Calvarese), Genoa (Di Bello) e Verona con il Chievo (Maresca) ha sorvolato bellamente sul mancato rispetto della norma (non scritta) del Fair Play da parte della Signora del calcio italiano in occasione di avversario infortunato a terra a seguito di uno scontro falloso. Questi tre episodi consentirono ai bianconeri di andare in rete per il gol di tre striminzite, opportune, vittorie.

Nel caso del Chievo, Maresca addirittura costrinse la squadra veronese sullo  0-0 a giocare in nove perchè l’espulsione dell’infortunato Cacciatori (proteste) seguiva quella precedente di Bastien per doppia ammonizione in due minuti.

E’ chiaro che tutti vogliono vincere contro la Juve e ne fanno di tutti i colori ed è giusto tutelare le squadre più forti da eccessi. Ma sicuramente l’evidente ricorso a due pesi e due misure nei casi meno eclatanti è il troppo che stroppia. Sulla Juve si sorvola, per gli altri si cerca il pelo nell’uovo.

Ma – vuoi per golosità, vuoi perché il mercato Fiat in Italia ha valore primario per la famiglia Agnelli – si è cercato  di vincere tutto nello Stivale compromettendo l’unico obiettivo che contava davvero: l’Europa.

NAPOLI DA SARRI AD ANCELOTTI

Il Napoli? Un bel dilemma. Scarsi investimenti e gioco alla Guardiola, ormai imitato da sempre più epigoni. Ha vinto e fatto spettacolo fintanto che il suo mentore Sarri non si è incartato nelle sue teorie professorali.

Taccuino in mano, il tecnico si è chiuso nel cerchio dei suoi schemi e convincimenti, come quello di sostituire al 21’ del secondo tempo l’uomo-squadra del Napoli Hamsik spegnendo la luce in campo. Oppure di immettere sulla fascia sinistra della difesa Mario Rui, un tutto mancino ordinato ma sprovvisto di atleticità essendo alto  1,68, senza peso. Un portoghese da anni in Italia senza fortuna, scartato in fretta dalla Roma.  Una vera manna per gli attaccanti avversari che per la sua zona sono andati in rete spesso e volentieri. Per tutte, la rete del granata De Silvestri realizzata di testa con Rui a guardare, goal che ha segnato la fine delle ambizioni napoletane.

Certamente Sarri ha dato molto al Napoli ed all’Italia calcistica in fatto di sviluppo tecnico-tattico. Suo gioiello è stata la vittoria allo Juventus Stadium a dimostrazione che la sua idea del calcio era vincente: ma Sarri aveva dato il massimo e si è fermato, cose che succedono ai “professori”. Per andare avanti Ancelotti è l’uomo giusto, ha dimostrato nella sua carriera di essere sempre all’altezza dei tempi (evoluzioni tecnico-tattiche).

INTER E IL FATTORE C

Se per Juve e Napoli i bilanci si compensano, per l’Inter i conti si sono aggiustati solo in extremis grazie alla buona sorte. Nonostante investimenti e top players, la stagione interista e stata costellata da tanti alti e bassi.  Spalletti, dopo aver costretto all’abbandono Totti senza riuscire a dare alla Roma un gioco efficiente, si è ripetuto a Milano. La Lazio ha regalato all’Inter l’ultimo biglietto per la Champions League salvando Spalletti dal licenziamento da parte dei cinesi che già lo avevano separato dal suo ideologo e mentore Walter Sabbatini, superesperto di mercato.

Comunque, obiettivo cinese centrato: 40 milioni di Euro strappati alla Lazio di Lotito.

LAZIO ED IL FATTORE C MENO

La Lazio, più meritevole fra tutte le squadre in campo, ha riconciliato gli sportivi italiani con il calcio spettacolo  ed emozionale richiamandoli allo stadio..

Bravissimo Simone Inzaghi pur se ha clamorosamente fallito nei due momenti più significativi della stagione perdendo due confronti già vinti; quello con Salisburgo in Europa League e quello con l’Inter per il posto in Champions League. Entrambe le volte per differenza reti! Fatalità della fatalità! Contro l’Inter, però, la jella Inzaghi se l’è andata veramente a cercare.

Sportivamente, e dopo tanti dubbi, alla fine ha schierato al centro della difesa Stefan de Vrij già acquistato dall’Inter: l’olandese ne ha combinate di cotte e di crude, certamente non in malafede ma probabilmente perché era psicologicamente turbato e condizionato. Le reti dell’Inter sono avvenute in zone normalmente in suo controllo, clamoroso il rigore.

Inzaghi ha azzardato e gli è andata male, molto male. Peggio è andata a Lotito che ha visto involarsi i 40 milioni connessi alla Champions League.

ROMA E MILAN ERRORI DI MERCATO

La Roma ha pagato l’errore “mercantile” della proprietà USA di cedere Salah al Liverpool. L’ha pagato per tutta la stagione in Italia, l’ha pagato in Europa per le cinque reti messe a segno dal Liverpool per arrestare il cammino vincente della Roma in Champions. In tutte le realizzazioni c’è stato lo zampino diretto od indiretto del campione egiziano. Eusebio Di Francesco, privato da Spalletti del sempre utile apporto di Totti, ha dovuto reinventarsi la Roma senza il match-maker del Cairo. Ha faticato, ma alla fine ha raggiunto l’obiettivo del terzo posto-Champions ma non ha mai partecipato alle vicende di vertice come nei campionati precedenti.

Mentre la Roma è andata in crisi per una cessione. Il Milan, cinese come l’Inter, si è trovato in difficoltà per l’acquisto di un giocatore che ha stravolto l’assetto del Milan. Si tratta di Leonardo Bonucci, che la Juventus aveva liquidato per via delle sue ingerenze fuori dal seminato di calciatore e per i dissidi con Allegri.

Per assicurarsi l’apporto del trentunenne centrale viterbese, a nostro avviso tatticamente superato dal gioco moderno, il Milan ha sborsato per il 42 milioni di euro.

Bonucci è stato uno esponente della magica difesa juventina e azzurra vincendo in carriera sette scudetti ma il disordine tecnico-tattico generato dall’innesto del nuovo capitano-regista ha scompaginato l’assetto tattico di Vincenzo Montella, costretto a lasciare Milano da risultati disastrosi nonostante i buoni investimenti cinesi. Montella è andato a raccogliere gloria in Spagna e il Milan ha pescato il jolly Gattuso che ha raddrizzato la baracca dandogli grinta, gioco e consentendo che, dalla undicesima posizione in classifica, si risalisse fino al quinto posto ed all’accesso in Europa.

Bilancio personale di Grinta Gattuso 8. Bilancio cinese 4. Media 6.

GLI ALTRI E LA TERRA DI MEZZO

Decisamente positivo il bilancio complessivo per le altre squadre con il profilo di gioco alla Guardiola. Dirette da ottimi tecnici, stiamo parlando di Atalanta (confermatasi con Gasperini nonostante le tante cessioni importanti), Fiorentina, Sassuolo, Sampdoria ed Udinese, cui si devono aggiungere anche le retrocesse Crotone e Benevento. Tutte hanno espresso il massimo consentito dai loro investimenti ed anche realizzato, o migliorato, gli obiettivi prefissati.

Bologna, Spal (salvatasi all’ultima giornata), Verona, Genoa si sono barcamenate. Verona ha avuto pochi momenti di gloria, Genoa alti e bassi.

Rendiconto negativo per l’ambizioso Torino, rimasto, con o senza Mazzarri, nella terra centrale di nessuno.

Giacomo Mazzocchi

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