di Mauro Lanzilotto

“Ai piedi Chung non ha vesciche: sono le stigmate che ti vengono quando incontri Dio. E Dio è Roger Federer.” Cit. John McEnroe

L’8 Agosto 1981 a Basilea nessuno si accorse che quello sarebbe stato il giorno Zero della nuova era.  Il Creatore dei Gesti Bianchi aveva preso la decisione che lì sarebbe nato il Redentore, colui che avrebbe cambiato per sempre non solo la storia di uno sport ma quella di un’intera umanità.  Questa avrebbe presto dovuto accorgersi come lo sport non sarebbe più stato un movimento di glutei ed un mulinar di braccia, ma qualcosa di profondamente diverso e di radicalmente più estetico. Per arrivare però al risultato molta strada il giovane Roger avrebbe dovuto percorrere.

In lui vennero presto al luce i fantasmi freudiani di Eros e Thanatos. La gioia di creare vere e proprie pulsioni creative, in una feconda articolazione del principio del puro piacere e dell’estetica elevata a normalità quotidiana, si scontrava, in maniera violenta, con un istinto distruttrice capace di rovinare irrimediabilmente il dipinto, facendo prevalere nella lotta tra energia positiva e negativa l’istinto di autodistruzione.

Roger adolescente era una fontana che faceva esplodere assieme traiettorie di rara bellezza, utilizzando una biomeccanica del tutto incomprensibile ai più, con violente esternazioni di rabbia masochistica al limite del disturbo psichiatrico. In questo immenso momento di distruzione creatrice non poteva che nascere il nuovo verbo, nato dalla profonda innovazione rispetto a tutto quanto era stato conosciuto fino ad allora. Ciò che difficilmente viene analizzato per capire come nasce il mito Roger Federer sono proprio gli anni formativi della sua adolescenza, dove il ragazzo, in realtà non dotato di un’intelligenza vivace (Gianni Clerici docet), comprende come l’istinto di autodistruzione non debba prevalere sull’immenso dono che ha avuto la fortuna di poter incarnare.

Questa sua intuizione, o forse semplicemente il tocco del trascendente, fa sì che il giovane Roger inizi un percorso difficilissimo fatto di autorepressione continua che lo porta a negare ogni emozione, positiva o negativa che fosse, in quanto comprende che far sprigionare il pathos avrebbe fatto prevalere il Thanatos sull’Eros. Qui si compie la metamorfosi che lo porta a vincere il primo Slam a quasi 22 anni, in quello che sarebbe stato definito il giardino di casa e che lo avrebbe visto trionfare altre sette volte.

La metamorfosi non è tuttavia neutra, il ragazzo che capisce che può diventare leggenda non può rimanere immune a tale opera di continua castrazione psicologica ed è proprio questo che fa maturare naturalmente la sua immensa grandezza, il perché è amato in maniera smisurata ad ogni latitudine.

Ma come è possibile che si sia creato questo fenomeno planetario?

La ragione, se ci si pensa, è quasi ovvia.  L’Eletto non è solo un giocatore con doti tecniche (e fisiche) impressionanti, ma è molto di più. Assieme alla purezza dei suoi gesti, frutto diretto di Apollo, si accosta una profondissima umanità, forse quasi involontaria.  La sua commozione continua, nel momento in cui riesce a raggiungere i suoi traguardi (e ciò succede molto spesso), altro non è che la liberazione dell’autorepressione che si è imposto da sempre.  In maniera del tutto naturale e senza alcun artificio mentale Roger mostra all’umanità intera tutte le sue debolezze e l’umanità ne viene pervasa in maniera totale.  Roger è uno di noi, non è lo spocchioso campione perennemente vincente ma è uomo con le sue forze e le sue debolezze che non si vergogna di mostrare (o per meglio dire non può in nessun modo reprimere).

C’è un altro aspetto che lo rende unico e, anche in questo caso, non può che essere un tocco diretto del Creatore dei Gesti Bianchi: la sua immensa classe non sportiva ma umana: Risulta impressionante come – ogni qual volta lo si vede giocare o parlare alla fine di un incontro o nel corso di un’intervista o nel consolare un avversario sconfitto – quest’uomo, ormai per tutti elevato a divinità, esprima una eccellenza qualitativa nei comportamenti, nella postura, nel linguaggio del corpo che non si ricorda in altri esseri umani.

Chi ha riflettuto su tali aspetti, come David Foster Wallace, non ha potuto che raggiungere l’unica conclusione possibile: Roger Federer viene vissuto,sia dalle intelligenze più feconde che dai poveri di spirito,come esperienza religiosa.

È questa l’incredibile consapevolezza che solo chi ha la fortuna di seguire il tennis riesce a carpire.  Tuttavia, è in grado di dissestare chiunque si interessi di fenomeni sportivi.  Non è certo un caso che Roger Federer non sia solo l’icona del tennis ma dell’intero movimento sportivo mondiale. Con Roger lo sport si innalza ad “ennesima” arte, è pura estetica applicata al movimento, ma non artefatto e costruito come quello del cinema, bensì naturale, sconsideratamente bello nella sua semplicità (almeno a vederlo da fuori).

È questa e soltanto questa la distruzione creatrice che porta all’innovazione rivoluzionaria: Roger Federer è il mito dei giorni nostri che riduce a realtà la sua grandezza, facendo elevare quello che solo i meno accorti possono vedere come un banale fenomeno sportivo, mentre è, in realtà, una nuova arte universale.

Il Creatore dei Gesti Bianchi ha raggiunto il suo risultato.  Tutto quanto è stato scritto su Roger finora è Antico Testamento, da oggi si comincia a scrivere il Nuovo.

Mauro Lanzilotto

P.S.: se si analizza l’Eletto sotto il profilo tecnico si arriva a conclusioni certamente non difformi. Ma queste saranno oggetto di una prossima analisi

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